mercoledì 24 dicembre 2014

Vorrei farti un regalo


Avevo deciso di non andarci. Ero certa della mia decisione.
Poi, la sera prima, ho avuto un'immagine di me lì, proprio dove non avrei dovuto essere. La mattina dopo ancora.
Allora ci ho pensato bene e ho capito che il solo motivo che mi spingeva a rimanere era una mia paura.
Così sono andata.
 E in queste foto ecco quello che ho trovato.


Quel giorno ho imparato che, se non la si affronta, la paura cresce, cresce e diventa sempre più forte.
Che se non la si affronta si ha già perso.
E che non si sa mai quello che ti aspetta dietro l'angolo.


Auguri a tutti quelli che affrontano ogni giorno le loro paure e che, anche se arrivano a destinazione sudati fradici, ci provano lo stesso; auguri a chi combatte contro i propri demoni, spesso tutta la notte, a chi non lascia perdere, a chi è sempre sincero, soprattutto con se stesso.
Auguri a chi ha coraggio perché sa bene cos'è la paura, a chi non si nasconde, a chi ci mette la faccia e spesso anche il cuore.
A chi vive di passioni e a chi crede che ce la farà, anche se tutti gli ridono in faccia, anzi proprio per quello.
Auguri a chi va per la sua strada sparato come un treno e a chi non si arrende mai.
Auguri a chi è capace di amare, che poi è l'unica cosa che conta, alla fine.


Ma veniamo al mio regalo, queste parole:
"Abbi fiducia, non occorre lottare:
siamo tutti parte della totalità.
(...)
Vivi con infinita gioia
e con gioia infinita muori.
A questo ti invito a gran voce,
ma tu devi uscire alla luce del sole,
devi farti coraggio
e uscire dall'oscura caverna del tempo, delle vecchie
abitudini, uscire dal tuo lungo, lungo, lungo sonno.
E quando ti sei svegliato
la vita è una danza, un canto, beatitudine, benedizione."
                                                                           OSHO
Buon Natale di cuore a tutti e infine....


Perché la felicità non è felicità senza un orsetto con le ali che suona il violino (cit.).
Ci risentiamo nell'anno nuovo. Ora vado a vivere un po'.
Raffaella
La casa vicino al treno
                                                                                                       

sabato 20 dicembre 2014

Quel che resta del giorno e dell'amore per i libri

 
 

Quest'anno l'ho cominciato leggendo Quel che resta del giorno di Kazuo Ishiguro e grazie a questo libro ho partecipato al mio primo incontro con un gruppo di lettura, che mi è piaciuto moltissimo.
Ho amato questo libro e mi sembrava giusto che fosse anche l'ultimo libro di cui parlare quest'anno, un modo di chiudere il cerchio. Questa la storia.



Approfittando di pochi giorni liberi, il maggiordomo inglese Stevens compie un viaggio di piacere in Cornovaglia, sia per conoscere parte del suo Paese, sia per incontrare, forse per l'ultima volta, Miss Kenton, sua ex collega di lavoro. Entrambi, infatti, hanno lavorato per molti anni gomito a gomito nella grande casa di Darlington Hall, come maggiordomo e governante, condividendo successi e problemi, piccole gioie e grandi dolori.
E' un meraviglioso affresco dell'Inghilterra dagli anni Trenta agli anni Cinquanta quello che si delinea in questo romanzo, visto dall'occhio privilegiato di un professionista che ha visto sfilare in quella nobile dimora tutte le personalità più rilevanti dell'epoca.
Mr Stevens, durante questo viaggio, ha per la prima volta il tempo di riflettere sulla sua vita e di ripercorrerne alcune tappe; ogni ricordo è un tassello che ci aiuta a ricostruire la personalità di quest'uomo integerrimo, rigido, scrupoloso, attento, completamente dedito a ogni aspetto della sua professione.
Dire di più sarebbe togliere parte del piacere della scoperta di quest'opera straordinaria per profondità e delicatezza.
Mi sento solo di dire che la scena in cui Mr Stevens assiste, suo malgrado e dietro ad una porta, al pianto di Miss Kenton è una delle scena d'amore più struggenti mai scritte.

Questo libro è notevole anche per il linguaggio ricercato, elegante, misurato e cortese, a tratti persino ironico; sembra di fare una lunga e garbata conversazione con Mr Stevens.
E' un libro che lascia il segno e che manca, una volta finito.
Se ci ripenso, mi mancano le atmosfere sospese, il lento scorrere del tempo, la campagna inglese - soprattutto quando piove -, la grande casa silenziosa e i domestici, ognuno intento al proprio lavoro.


Amo i libri. Li amo proprio. Non riesco a immaginare una vita senza di loro. I libri mi hanno permesso di volare lontano, quando non mi piaceva stare dove stavo, mi hanno mostrato altri modi di vivere e di pensare. Dai libri mi sono sentita capita, come da nessun altro mai, ho trovato rifugio e consolazione.
Per questo, quando posso, regalo libri. Per condividere con chi mi sta accanto una gioia pura. Per regalare felicità.


Leggere non è mai un atto passivo, i libri non si subiscono. E' un'attività complessa che richiede la nostra piena partecipazione; quando leggiamo ci mettiamo dentro la nostra visione della vita, i nostri ricordi, le nostre emozioni. Possiamo essere d'accordo o no con l'autore, possiamo venire catturati in un altro mondo oppure la magia potrebbe non funzionare con noi in quel momento: ma, in ogni caso, saremo sempre noi a decidere, a dare il permesso a una storia di portarci lontano, di farci emozionare, di farci crescere, di farci scoprire parti di noi ancora inesplorate, ma mai, mai questo potrà avvenire senza il nostro consenso (come invece avviene ogni giorno con la tv, che ci martella di immagini negative che ci entrano sottopelle). Per questo chi ama leggere vorrebbe condividere la sua gioia con altri.
Il mio sogno è che da questo blog nasca un giorno un bookclub per poter scambiare libri e opinioni, consigli e idee.
Chissà che non si avveri.
Buon sabato, vi abbraccio.
Raffaella
La casa vicino al treno


martedì 16 dicembre 2014

Felice di niente. Il mio primo D.I.Y.



I miei bambini non mi chiedono mai quando nevicherà.
Non mi chiedono neppure quando smetterà di piovere o cosa faremo domani. Sono meravigliosamente immersi nel presente, e non pensano ad altro. Il passato se lo lasciano alle spalle attimo dopo attimo e il futuro semplicemente non esiste. Non c'è ora e quindi non c'è di che preoccuparsi. Tanto quando verrà sarà diverso da quello che ci aspettavamo, magari peggio, molto spesso meglio - se avete brutti pensieri come me -. Indosserà un altro vestito e, come tutto, passerà, passerà, lasciandosi dietro quello che deve lasciare ma non ansie e preoccupazioni, se siamo stati abbastanza bravi da non pensarci troppo.  
"Perché tu, malvagia ora,
dài paura e incertezza?
Ci sei- perciò devi passare -
Passerai - e qui sta la bellezza."
                                 ( W. Szymborska)

"Esiste solo il presente, esiste solo il presente..." mi ripeto come un mantra quando troppe preoccupazioni mi affollano la mente. Solo il fatto di averne diverse aumenta la mia apprensione e mi accade di essere in ansia, senza motivo, mentre faccio una cosa solo perché sto già pensando alle altre due che dovrò fare subito dopo.
Allora cerco di fermarmi, faccio un bel respiro e mi concentro sul presente. Che se lo si affronta momento per momento, difficilmente è così spaventoso come ce lo si era immaginato.

Dovremmo tutti imparare dai bambini. Loro sanno, molto di più di quello che noi crediamo. Sanno vivere. E sanno farlo nonostante tutti i nostri tentativi di insegnare loro qualcosa e di farli diventare come noi.

Questa mattina, sotto una pioggia gelata che mi bagnava la mano stretta attorno all'ombrello, l'altra in quella di Bianca,  mentre pensavo a tutti i giri che dovevo fare prima di poter tornare a casa a finire la colazione interrotta per la fretta, mia figlia cantava. Cantava e saltellava allegra e mi chiedeva se con la sua giacca imbottita e col pelo poteva andare fino al Polo, fin da Babbo Natale.
Certo che si, amore, tu puoi andare dove vuoi.
E in quel momento, mentre  attraversavo la strada, proprio lì, al freddo e sotto l'acqua, mi sono sentita felice.
Felice di niente.


Cosa c'è di meglio per scacciare i pensieri che dedicarsi a qualcosa di manuale?
Questo è il mio primo D.I.Y. ( do it yourself) e  mi rendo conto dell'estrema facilità del progetto ma, dopo i biscotti con la glassa reale, cercavo qualcosa di semplice ma carino per decorare la casa. Ok, cominciamo?
Vi servirà:
- un cartoncino bianco, meglio se di riciclo ( io uso la scatola delle brioches)
- uno stencil a fiocco di neve o altro soggetto a vostra scelta ( io l'ho trovata nel libro illustrato di "Frozen" della Disney ma potete farvelo da soli o disegnare una sagoma, ad es. una stella, sul cartoncino e usarla per ricavare tutte le altre).
- dei fili di lana avanzati
- una forbice affilata
- una matita appuntita
- dello scotch



Ricavate tanti fiocchi di neve dal cartoncino quanti ve ne serviranno per la vostra decorazione. Tagliateli con accortezza ( questo è il passaggio più faticoso!). Attaccate sul retro di ciascuno, con tre piccole e sottili striscioline di scotch, un filo di lana di lunghezze diverse. 


E infine...appendete!


Mio marito, ieri sera, a cose fatte e a foto scattate, mi ha fatto notare che i fiocchi di neve starebbero molto meglio attaccati direttamente al vetro con un pezzetto di scotch biadesivo sul retro, a formare una cascata. Mi sa che ha ragione. Provateci voi. Io per oggi ho già dato.


 Troppo semplice? Si, però a volte la semplicità è proprio quello che ci vuole, se si amano gli addobbi sobri e se si ha poco tempo. Se invece- di tempo- ve ne avanza...filate  a fare i biscotti! E a leggere! Che cosa, ne parleremo la prossima volta. 
Statemi bene, un abbraccione.  
Raffaella
La casa vicino al treno
  


venerdì 12 dicembre 2014

Io sono abbastanza



"Dovrei chiedere scusa a me stessa per aver creduto sempre
di non essere abbastanza"
                                        (Alda Merini)
Perché noi donne pensiamo sempre di non essere abbastanza?
Di non essere all'altezza, di valere meno degli altri?
O per dirla con Katherine Pancol:
"Le donne si sottovalutano. Il 99,9% pensa sinceramente di non valere un accidente. Di essere solo da buttare ai cani [...]. Si considerano troppo stupide, troppo grasse o pusillanimi. E tanto vale che io vi dica subito che faccio parte di quel 99,9%".
                                                                          ( Un ballo ancora)
Perché vorremmo fare mille cose e non siamo quasi mai soddisfatte di noi? Perché ci confrontiamo con le altre uscendone spesso - ai soli nostri occhi - sconfitte?

Questa mattina mi sono svegliata prima del solito.
Di norma sono una dormigliona, quando suona la sveglia apro un occhio solo, il minimo indispensabile, mentre l'altro continua a dormire fino al momento della colazione.
Un primo barlume di consapevolezza mi raggiunge mentre mangio e, a quel punto, mi accorgo che sarei già dovuta uscire e corro, corro, corro.
Oggi, dopo aver quasi lanciato mia figlia nell'atrio della scuola col terrore che il portone si chiudesse prima che fosse atterrata dentro, mentre tornavo affannata, col fiato che usciva a nuvolette storte, l'ho incontrata.
La mia amica Wondergabry. Bellissima.
Truccata, pettinata, neanche un capello fuori posto.
Sono stata molto felice di incontrarla, non fraintendetemi.
Ma nel vederla mi sono sentita pulciosa. Si, pulciosa.
Mi sono vista dall'esterno: con un cappello di lana con pon-pon e pelucchi sparsi, senza trucco, piumino lungo con sotto due maglioni che mi inibivano non poco i movimenti, guanti senza dita e stivali di pelo. Mi sono un po' vergognata.
Infatti dopo sono corsa a casa a truccarmi e a cambiarmi le scarpe, già che c'ero ho tolto pure un maglione, prima di correre - ero già in ritardo- a un colloquio con i prof. di Pietro.
Ma il punto è:
Perché facciamo così tanta fatica ad accettarci e ad amarci per quello che siamo?


Più tardi, mentre facevo yoga, ci ho pensato e ho deciso che mai più penserò di non essere abbastanza. L'ho deciso: accettarsi e amarsi dipende solo da noi, non dagli altri o da condizioni esterne.
Per citare ancora la Pancol:
"Accetto i miei limiti, e me ne vanto. E' questa la vera arte di vivere: sapere chi sei, per non imitare nessuno, essere se stesse e fiorire nel territorio che ti sei conquistata."

Secondo me, per imparare ad accettarci, potremmo cominciare facendoci un regalo. Ma si! Per questo Natale potremmo fare un regalo a noi stesse.
Ma non un regalo qualsiasi. Regaliamoci proprio quello che abbiamo sempre desiderato e non abbiamo ancora avuto il coraggio di donarci. Ecco, questo è il mio augurio per Natale.
Mi auguro che Francesca trovi sotto l'albero una vera tastiera per poter suonare la sua musica, quella che sognava da bambina e non ha mai avuto, quella che dopo una vita di lavoro non ha mai osato comprarsi.
Mi auguro che Elena trovi invece un mazzo di chiavi, quelle dell'appartamento che ha ricevuto in eredità e ha messo a posto, senza aver mai trovato il coraggio di andarci a abitare da sola.
Che Luciana frequenti quel corso di cucina  e dia davvero una svolta alla sua vita, dopo che la sua vita l'ha presa a calci.
E mi auguro che la mia  amica Gabry trovi il tempo per scrivere e per leggere, perché sono sicura che è molto più brava di me ( emm....io mi amo, mi amo e sono fantastica! Brava vero? Tutta questione di esercizio. Meglio provare ancora: io mi amo...).
E magari anche il tempo per un bel massaggio.

A tutte le mie amiche e a tutte le donne meravigliose che non conosco, che si svegliano presto tutte le mattine cercando di cancellare come meglio riescono i segni delle occhiaie, che corrono tutto il giorno, ma non dietro ai loro sogni, auguro che trovino, ogni giorno, un po' di tempo per imparare ad amarsi. O perlomeno a volersi bene.
E se sono stata troppo sdolcinata in questo post, abbiate pazienza, è quasi Natale e sento aria di neve. E sono profondamente stanca di tutte le notizie brutte, di tutta la cattiveria e la miseria  e la crisi che ci propinano ogni giorno su tutti i media.
Mettetevi il cuore in pace. Non ho ancora finito.
Un abbraccio stretto, ma stretto stretto. Di cuore.
 Ecco, ora ho finito.
Have  a nice day .
Raffaella
La casa vicino al treno

   


 

martedì 9 dicembre 2014

Luci bianche e fisse



Il buio, a dicembre, arriva ogni giorno un po' prima.
E per questo quello che possiamo fare è illuminare quanto più ci è possibile ogni cosa.
La casa vicino al treno si è da poco vestita di tante piccole luci bianche che provano a scaldare il giardino e a guidare il passo di chi si trova a passarci per caso davanti.
Ho sempre amato la luci bianche; mi trasmettono un senso di calore e gioia, da villaggio degli elfi.
Se c'è la neve la rendono luccicante come polvere magica senza cambiarne il colore e ,se non c'è, creano un'atmosfera sospesa, fuori dal tempo, in cui tutto potrebbe succedere.

Amo la fiamma delle candele, tremula ad ogni soffio di vento, la luce calda di un fuoco che scoppietta nel camino, tante piccole fiaccole portate in processione da anime in silenzio, le lucciole su un prato d'estate.
La luce è un simbolo che non ha bisogno di parole, è calore, è ottimismo, è positività, è il bene che si oppone al male, l'amore che vince contro la paura, è la vita opposta alla morte, è la nostra voglia di farcela a tutti i costi quando tutto intorno a noi sembra convincerci del contrario.

E' il quarto di luna che illumina il nostro cammino in una sera d'estate, è il raggio di sole a dicembre che ci serviva per stare bene, sono le luci dell'albero dietro una finestra appannata, è la lanterna sulla porta che ci accoglie, finalmente a casa;
 è il pupazzetto luminoso in corridoio che mi permette di osservare il viso del mio bambino, rapito dai suoi sogni.
Sono le stelle cadenti e il tuffo al cuore che mi provoca vederne una, certa che il mio desiderio si avvererà.
Sono i finestrini illuminati di un treno che corre di notte nella campagna buia, è il primo bagliore del mattino che risveglia.

E' il forno che va, nella mia cucina di legno color crema, solo i due alberelli sulla cappa a rischiarare.


Ingredienti per la glassa reale:
- 500 gr. di zucchero a velo
- 2 albumi
- 1 cucchiaino di succo di limone

Fai cadere in una ciotola lo zucchero attraverso un setaccio e unisci poi gli albumi a temperatura ambiente e il succo di limone.
Sbatti tutto con le fruste elettriche per 5 minuti e, se non dovesse risultare omogeneo, aggiungi qualche goccia di succo di limone.
Otterrai così una glassa ferma, che si conserva in frigo fino a 5 giorni. Prima di usarla va però sbattuta ancora ogni volta.


Colorazione della glassa:
Per colorare la glassa basta aggiungere un po' di colorante; se decidi di usare quello in gel ne basta una piccola quantità, che va aggiunta immergendo uno stuzzicadenti nel colore e lasciandolo cadere dolcemente nella glassa. Se invece decidi di usare quello liquido, ne servirà una quantità maggiore, ma fai attenzione perché può alterare la consistenza della glassa. Se diventa troppo liquida basta aggiungere un po' di zucchero a velo.


Decorazione dei biscotti:
Per decorare bene e con precisione i tuoi biscotti dovrai avere, per ogni colore, due diversi tipi di glassa: una morbida, ottenuta aggiungendo qualche goccia d'acqua fredda alla glassa ferma, che userai per i contorni e una fluida, che otterrai aggiungendo ancora più acqua, una goccia alla volta, alla glassa morbida, che servirà a riempire le figure.
Ti consiglio di fare un disegno prima di cominciare a lavorare, per sapere con precisione cosa fare quando avrai in mano una sac a poche e sarai sporco di glassa fino alle orecchie.
Per prima cosa traccerai i contorni di ogni biscotto con la glassa morbida e li lascerai asciugare un po'. Poi passerai a riempire le figure con la glassa fluida, che avrai messo in un contenitore di plastica col beccuccio ( più facile da usare e riutilizzabile). I biscotti devono asciugare molto bene, per almeno quattro ore - ma se non hai fretta li lascerai tranquilli per tutta la notte -.
A questo punto potrai aggiungere gli ultimi particolari, se ce ne sono; ad esempio i pois sugli scoiattoli e il fiocco sui pacchi regalo.



La luce è la magia del Natale, lo scintillio negli occhi dei miei bambini quando giocano felici e, a quel punto, lo sono anch'io.


venerdì 5 dicembre 2014

I biscotti di Natale quando qualcosa va male




Mia nonna era bellissima.
Era sempre elegante e curata, anche quando non stava bene.
 Anzi, soprattutto quando non stava bene. Si metteva una camicetta di seta con un bel fiocco davanti, le sua preferite, una spilla dorata, si pettinava con cura i capelli, sempre gonfi al punto giusto, neanche uno fuori posto.
Non so quanta fatica le costassero queste operazioni, però le faceva con attenzione. E non era per vanità.

Da lei ho imparato a cercare la bellezza nelle difficoltà.
Un fiore sul tavolo in una mattinata buia. Un sorriso da uno sconosciuto mentre cammini per strada a testa bassa. Un cappellino nuovo sul solito cappotto grigio, le unghie rosse prima di un incontro che spaventa.
Cercare il bello quando si sta male, si è giù di morale o quando si starebbe volentieri tutto il giorno sotto al piumone.
Un po' come quando dicono di sorridere anche quando proprio non te la sentiresti; il solo fatto di muovere quei particolari muscoli facciali indurrebbe il cervello ad attivare l'emozione corrispondente. Cerchi di sorridere e stai meglio.
Torni a casa, infreddolita e stanca, accendi la luce e la vista dell'albero di Natale, decorato di bianco e di rosso, ti strappa un sorriso.
Trasformare, come per magia, la tristezza in gioia, il dolore in luminosità.

Questo dicembre è iniziato con una perdita, che mi ha fatto sentire addosso tutto il freddo del mondo. Ho freddo e non riesco a scaldarmi. Guardo la vita scorrere accanto a me e mi sembra di non farne parte. Mi sento smarrita e non so che fare.
Allora faccio come la nonna.
Mi dedico a qualcosa di bello, che mi appassiona e mi ci dedico con amore.
Vado in cucina e faccio i biscotti.



Ingredienti:
- 250 gr. di farina "0"
- 125 gr. di burro ammorbidito ( fuori frigo da almeno 30 min.)
- 125 gr. di zucchero bianco ( di solito non lo uso ma qui  
                                                 è necessario)
- 1 uovo a temperatura ambiente
- 1 stecca di vaniglia o la scorza grattugiata di un limone ( bio)
- un pizzico di sale

Preparazione:
Monta con le fruste il burro e lo zucchero, per almeno tre minuti consecutivi ma , se puoi, rimanici anche per sette minuti.
Unisci poi l'uovo leggermente battuto con i semi di vaniglia.
Mescola bene tutto, cercando di armonizzare tra loro tutti i diversi ingredienti. Fai cadere come neve metà della farina, facendola passare attraverso un setaccio. Mescola ancora e poi aggiungi la metà rimasta. Se stai preparando i biscotti al limone aggiungi solo ora la scorza grattugiata.
Impasta con le mani - è il momento più bello - e poi avvolgi la palla che avrai ottenuto nella pellicola trasparente e lasciala riposare in frigo per mezz'ora. Nel frattempo accendi il forno a 180° ( io intanto mi leggo un libro).
Tira fuori la pasta e lasciala riposare ancora per dieci minuti, falla ambientare un po'. Poi stendila col mattarello in una sfoglia di circa 4 mm ( ma io non l'ho mai misurata!) e - altro momento bello bellissimo - ricava tanti biscotti diversi con tutte le formine di natale che sei riuscito a trovare.
Inforna a 180° per 12-15 minuti, finché saranno dorati.

Dovrebbero venire dai 18 ai 20 biscotti, dipende dalla grandezza.
Si conservano anche per due settimane e più se ben chiusi in una scatola di latta (perfetti per un regalo hand made), di vetro o in un contenitore ermetico.

   
Impasto finché le mani non profumano di vaniglia e i pensieri si sono allontanati un po'.
Impasto finché mi dimentico che ora è e non penso più a dove mi trovo e impasto finché non mi sento più sola.
La mia cucina è calda e profuma di buono.
Ora non ho più freddo.

lunedì 1 dicembre 2014

La casa delle bambole vittoriana e la gioia di tornare bambina



Non so se dipenda dal compleanno appena passato. Forse.
So solo che in questo periodo mi sento fortemente attratta dai libri per bambini, soprattutto dagli album illustrati, dai quaderni da colorare, ritagliare, incollare. Amo tanto anche lo scrapbooking, di cui vi parlerò in un prossimo post.
Per fortuna vivo con una folletta dolcissima che mi fa giocare con i suoi libri e i suoi album, alla quale posso regalare tutto quello che non osavo comprare per me, per poi usarlo io, naturalmente.
Sabato, durante una delle nostre incursioni in libreria, mi è caduto l'occhio su questo album pieno di stichers da attaccare,"La casa delle bambole. Epoca vittoriana", Usborne edizioni.
Io adoro le case e divento matta quando c'è da arredare qualcosa, quindi qualsiasi casa avrebbe attratto la mia attenzione. Ma questa non è una casa normale, bensì una stupenda dimora di lusso di epoca vittoriana.

Come spesso succede con i libri, questo mi ha chiamata. Ma proprio per nome e gridando forte. In questo periodo, infatti, sto leggendo con gran gusto e infinita passione l'autobiografia di Agatha Christie. La sua vita è ambientata proprio, per un lungo periodo di tempo, in epoca vittoriana; epoca che ci descrive diffusamente sia per le abitudini che per la mentalità ricorrente.
Vedere le stanze, arredate di tutto punto, dove avrebbe potuto aggirarsi un'Agatha bambina mi ha riempita di emozione.


Questa casa è completa di tutto, dalla cucina al piano inferiore, alla splendida sala da pranzo al primo piano, piena di piatti e persino di pudding appoggiato alla credenza. Le camere dei bambini, con la sala studio, si trovano al secondo piano, mentre le camere delle cameriere in soffitta. 
Inutile dire che mi sono innamorata della cucina e di tutto quello che contiene; già mi immagino aggirarmi in quell'ambiente grandissimo tra credenze e dispense, anche se all'epoca questo era il regno della cuoca e forse mi vedo di più seduta al tavolo della sala da pranzo ad aspettare che mi portino le innumerevoli portate.
Anche Bianca adora questo libro però ci vuole giocare solo con me, e così sfogliare le pagine patinate di questo album, con illustrazioni curate nei minimi dettagli - persino la carta da parati è diversa in ogni ambiente - diventa un'occasione per stare insieme, per prendere delle decisioni di comune accordo, tipo dove la mettiamo la gabbia con gli uccellini?, e per farsi tante risate.
Non ci sono le persone però, quelle dobbiamo aggiungerle noi con la nostra fantasia.

Questo libro lo consiglio a chi ha dei bambini piccoli, non solo bambine - piace anche a mio figlio- ma soprattutto a chi non ha bisogno di scuse per trascorrere qualche ora divertendosi a curiosare tra gli arredi signorili di un'altra epoca. A chi ama le illustrazioni e la grafica.
Ultimamente ho scoperto di aver bisogno di molti stimoli "visivi" per riuscire poi a scrivere. La creatività, secondo me, non deve avere limiti e più si legge, si guarda, si ascolta, si disegna o ritaglia e più arriva, forse, l'ispirazione. Quindi lo consiglio a tutti i creativi, anche  a quelli che lo sanno solo loro, dentro di sé, e nessun altro.
Soprattutto a quelli.
Un abbraccio fortissimo e a presto.