giovedì 22 ottobre 2015

"La ragazza di Orchard street" di Susan Jane Gilman


Malka è solo una bambina quando, nel 1913, lascia la Russia insieme ai genitori e alle tre sorelle per un viaggio disperato che li porterà fino al porto di Amburgo e da lì in America, grazie ad un cambio di biglietti dell'ultimo minuto voluto dal padre. 
Quel viaggio durerà quattordici giorni.
Quattordici giorni di mal di mare, sofferenze, malattie e privazioni che li lasceranno deboli e smarriti al loro primo incontro con la Statua della Libertà.
Ma ben presto si renderanno tutti conto che l'America non è quella che si erano immaginati né che avevano sognato, perché vivere tutti e sei stipati in un vecchio salotto, lavorando tutto il giorno alle dipendenze di un sarto, nel quartiere ebraico di New York, senza vedere altro che cemento, strade polverose e venditori ambulanti, senza potersi permettere di comprare mai nulla, non può certo considerarsi la realizzazione di un sogno.
Comincia da qui la ricostruzione fantastica della vita straordinaria di Malka, che attraverso mille vicissitudini diventerà Lilian Dunkle, la regina del gelato,  ricca e capricciosa imprenditrice, star della tivù americana, donna piena di vita e forza, dal carattere d'acciaio che la disabilità non sarà in grado di piegare.



Questo romanzo abbraccia tutta la storia americana del Novecento, vissuta attraverso lo sguardo realistico e disincantato di Lilian, immigrata ebrea che trascorre però parte della sua infanzia e tutta l'adolescenza a Little Italy, dai cattolicissimi Dinello, proprietari di una piccola attività artigianale di gelato.
Così alla trama della Storia americana si intreccia quella dell'immigrazione dei primi del Novecento, quella della comunità italiana a New York, quella della storia del gelato e delle gelaterie - che molto devono, come altri settori del resto, all'estro degli italiani - oltre  a quella più intima  e personale della protagonista.
Sebbene qui si tratti di un romanzo, la storia di Lilian mi ha ricordato molto quella di Gabrielle Chanel per la vita difficile, le umili origini, la forza di carattere, la determinazione a raggiungere il successo e la disperata volontà di riscatto. 
Quello che mi ha colpito di più in Lilian è stata l'amara accettazione del suo destino di sofferenza e di mancanza d'amore e la sua determinazione nel trasformarlo in successo.
Lilian è stata infatti abbandonata prima dal padre, che se ne va da solo in cerca di fortuna, poi dalla madre, che la lascia sola in un letto d'ospedale dopo che ha avuto un brutto incidente, che la renderà disabile. Sarà adottata dalla famiglia Dinello, che la tratterà però sempre con distacco e non la accetterà mai veramente.
Forse solo quando si tocca il fondo non resta altro da fare se non provare a risalire. Forse solo chi ha conosciuto la fame, quella vera, ha la forza necessaria per combattere tutta la vita per non ritrovarsi mai più in una situazione simile. Forse solo chi non è stato mai amato è destinato a inseguire l'amore per sempre, senza riuscire a raggiungerlo mai.
E anche se poi conoscerà la felicità accanto all'amatissimo marito Bert, le rimarrà un vuoto dentro che nessuna ricchezza, fama, amicizia e successo riuscirà mai a colmare.
Scrittura precisa, pulita, ironica. 
Consigliatissimo.



Raffaella
La casa vicino al treno

venerdì 16 ottobre 2015

"La foresta incantata" di Johanna Basford


Prima dell'estate, in una delle mie incursioni in libreria, ho visto questo libro. Aveva una copertina bellissima, bianco, nero e oro.
Non ho resistito e l'ho comprato.



"La foresta incantata" di Johanna Basford è un album meraviglioso pieno di disegni a china molto elaborati, con fiori, foglie, alberi e animali che si inseguono e si rincorrono di pagina in pagina, in un susseguirsi di ambienti fiabeschi, animali totem e simboli da scovare, che serviranno alla fine per aprire la porta del castello e scoprire cosa vi è celato al suo interno. 
E' da un po' di tempo che si vedono nelle librerie libri da colorare per adulti,  con disegni geometrici o mandala, presentati come anti-stress.
In questo caso si tratta invece di una vera e propria opera d'arte, colma di intrecci di felci e fiori, bizzarre case appollaiate sugli alberi, creature magiche nascoste, castelli e forzieri pieni di tesori floreali. 
Sinceramente la bellezza dei disegni non invoglia a prendere i colori e a mettersi a colorare, motivo per cui è stata ideata l'opera. Io per esempio ho provato solo a colorare la prima pagina, poi non ho più osato. Però ho fotocopiato alcune pagine ai miei bambini, una volpe con il corpo fatto di foglie per Bianca e un teschio per Pietro. Loro hanno osato e sono stati bravissimi.
Le loro opere sono ora appese nelle loro camerette.
A me piace di più sfogliare le pagine, indugiare con lo sguardo sugli intrichi dei rami, provare  a scovare gli animali nascosti. Trovo che sia molto ispirante.



In questo periodo sono alla ricerca di quello che mi piace, come vi avevo detto ( vd. "Ricomincio da me", post del 1/10).
Mi è capitato in questi giorni di ripensare a quando passavo del tempo a creare degli oggetti in legno per poi venderli nei mercatini.
Ho cominciato nel 2007, dopo aver letto un articolo sul "Country painting". Me ne sono innamorata e ho deciso di imparare da sola quella tecnica, che partiva da disegni presi a modello, che venivano poi ricalcati e dipinti a mano con gli acrilici. Non era necessario saper disegnare e neanche conoscere i segreti della luce e delle ombre, bastava copiare il modello, magari rielaborandolo o cambiando i colori secondo la propria fantasia.
I risultati erano, secondo me, molto carini; mi sono divertita tanto e sono anche riuscita a vendere qualcosa. Poi ho voluto imparare ad usare la macchina da cucire ma qui le cose erano un po' più complicate, è difficile imparare bene da soli.
E così mi sono persa. Nel frattempo ho avuto Bianca, una nuova casa da arredare e abitare, nuove passioni. 
Ho sempre pensato di poter fare una sola cosa alla volta, chissà perché. Ora, invece, ho capito che l'amore che ho per la lettura e per la scrittura, e ora anche per questo mio piccolo blog, non verranno mai intaccate da qualsiasi altra passione. 
Però voglio tenere la porta aperta a quello che verrà.
E in questi giorni, in cui di sicuro sto pensando troppo, mi è tornata una gran voglia di fare qualcosa di manuale. Di realizzare piccoli oggetti. E mi è venuta voglia di usare il legno, che è un materiale molto versatile. E vivo.


In cerca di ispirazione, vi saluto.
Buon venerdì sera, buio, nuvoloso e piovigginoso.
Halloween si avvicina.
Raffaella
La casa vicino al treno
   

martedì 13 ottobre 2015

Una torta magica


Oggi le cime delle montagne non si vedono.
Sono completamente avvolta dal bianco panna delle nuvole che sono scese giù fino a me per abbracciarmi stretta stretta.
E piove. 
Una pioggerellina fine scende lenta, bagnando con le sue lacrime  il bosco, gli alberi, le foglie cadute, i ricci delle castagne che stanno per farlo.
Avvolta da questo pianto vorrei essere capace di sciogliermi anch'io. Di lasciare andare questa rabbia che mi fa compagnia da un po' di tempo e su cui sto lavorando per trasformarla in qualcosa d'altro. Ma come fanno quelli che ce la fanno?
Come fanno a trasformare il dolore e la sofferenza in qualcosa di positivo? In creatività? In arte?
Mentre mi faccio queste domande penso che da ieri a tutto ciò si è aggiunta una nuova preoccupazione, che mi stringe lo stomaco ogni volta che ci penso. E di cui non posso dire nulla, perché mi riguarda, ma non direttamente, e perché non ne conosco ancora la gravità. 

Oggi vorrei avere una bacchetta magica. 
Per cancellare con un gesto tutta la bruttezza del mondo. 
Le malattie, l'ignoranza, la trascuratezza, l'egoismo, la bruttezza, in una parola. Per poter guardare in pace questo mondo, e vederlo finalmente in tutto il suo splendore. Perché sono convinta che sia un posto magnifico, nonostante tutto.
Ma poi guardo fuori, e mi sa che per oggi mi devo accontentare dell'unica magia che mi riesce sempre, quella che avviene nella mia cucina.  



ingredienti:
- 4 tuorli a temperatura ambiente
- 4 albumi a temperatura ambiente
- 1 cucchiaio d'acqua
- 150 gr di zucchero
- 125 gr di burro
- 115 gr di farina "00"
- 2 cucchiaini di estratto di vaniglia
- un pizzico di sale
- 500 gr di latte



preparazione:
Fondi a bagnomaria il burro e lascialo raffreddare. Nel frattempo scalda il latte  e mettilo da parte. Monta i tuorli con lo zucchero con le fruste elettriche fino a che otterrai un composto chiaro e spumoso, poi aggiungi l'acqua e il burro e continua a montare per due minuti. Incorpora la farina setacciata e amalgama bene. Aggiungi poi la vaniglia, il sale e il latte, un po' alla volta, e mescola delicatamente. A questo punto puoi aggiungere gli albumi montati a neve facendo attenzione a mescolare dall'alto al basso, per non smontare la meringa. Io ho usato una stampo quadrato e ho cotto in forno per 45 minuti a 150°/160°.
Quando la superficie sarà dorata, togli dal forno e lascia raffreddare anche per 3 o 4 ore, poi puoi sformarla e tagliarla in tanti quadrati. Se non hai fretta, puoi metterlo per una mezz'ora in frigo. 
Come si vede questa è una torta tradizionale, non uno dei miei esperimenti simil-vegani, ma oggi mi gira storta, ve l'ho detto.
E comunque è buonissima.
Sa di budino alla vaniglia, da passeggio.

Raffaella
La casa vicino al treno

giovedì 8 ottobre 2015

Smetto quando voglio ( di leggere Anne Tyler)


La prima volta che ci siamo viste stava su uno scaffale, stretta tra tanti altri. In una sequenza lunghissima di nomi e titoli.
Io, in piedi, davanti a lei.
Conoscevo il suo nome, non la sua scrittura, ancora non le sue storie.
Non ricordo cosa mi abbia spinta a prendere quel volume e a portarmelo a casa in tutta fretta.
Forse il disegno in copertina.
Forse una frase letta di sfuggita.
Poi però quel libro l'ho letto. 
Ed è stato subito amore.
Mi sono immedesimata nella storia di Delia - protagonista di "Per puro caso" - ho tifato per lei.
E anche se alla fine non sono stata d 'accordo con la sua scelta, anche se io avrei agito diversamente - ma forse bisogna trovarcisi in una situazione, no? - l'ho capita. E rispetto le sue scelte.
( vd. post dell' 8/6, " Tu la conosci Anne Tyler?")


Ma di certo un libro non basta.
Tempo fa mi sono chiesta quanti libri di un autore bisogna aver letto per poter dire di conoscerlo abbastanza bene.
Mi ero risposta tre. Così ho voluto continuare a cercare di conoscere la signora Tyler.
Il secondo e il terzo li ho presi assieme.
Ormai conosco lo scaffale, anche se nel frattempo la biblioteca ha cambiato completamente la sua disposizione.
"Ragazza in un giardino" è stato il romanzo delle Tyler che mi è piaciuto di meno, perché non sono riuscita ad entrare in sintonia con la protagonista.
E' una ragazza indolente, senza sogni o aspettative dalla vita, che si adatta ad una situazione che non ha scelto ma nella quale si è trovata quasi per caso. E anche gli altri personaggi non mi sono piaciuti un granché. 
Questo non toglie che la scrittura dell'autrice sia sempre precisa e profonda come una lama ben affilata. 
Con il terzo invece  è stato di nuovo amore.
Ne "La figlia perfetta" la scrittrice ha saputo ricreare una precisa atmosfera, quella della comunità iraniana a Baltimora, che lei conosceva bene per aver sposato uno psichiatra iraniano, ormai scomparso da diversi anni.
Nella figura di Maryam ha saputo racchiudere tutte le contraddizioni di una donna cresciuta ed educata in un Paese ed emigrata poi con il marito in un altro, completamente differente.
Ha saputo delineare con grande delicatezza e sensibilità i sentimenti contrastanti che si agitano dentro di lei, che non si sente americana ma nemmeno iraniana, così lontana dai suoi parenti più prossimi e invece stranamente, ma forse neanche troppo, vicina alla famiglia americana incontrata per caso in aeroporto all'arrivo dalla Corea della nipotina adottiva.



E tre li avevo letti.
Potevo dire di conoscere l'autrice?
Era abbastanza così?
No! Per me, assolutamente no!
Sono corsa a prendere "Un matrimonio da dilettanti" che ho letto subito dopo.
Ecco, credo sia stato quello il momento.
C'è sempre un momento, vero?
Quello in cui mi sono resa conto che li avrei volentieri letti tutti, almeno quelli che riuscivo a trovare in biblioteca, uno dopo l'altro.
Questo libro l'ho divorato. Meraviglioso.
Michael e Pauline si conoscono giovanissimi il giorno di Pearl Harbour, a Baltimora, nel quartiere polacco, dovo vivono con i genitori. Quell'incontro casuale tra la folla, in cui lei lo spinge ad arruolarsi, cambiando per sempre la sua vita, innesca l'avvio di questa storia, che è la storia di un matrimonio, raccontato e scandagliato nei più intimi recessi e negli aspetti più privati e profondi di entrambe le parti. Ogni capitolo ci proietta in avanti di diversi anni, fino al nodo centrale: la scomparsa volontaria della figlia maggiore, che li lascerà attoniti e sgomenti, alle prese con un vuoto impossibile da colmare.



Perché amo questi libri?
Per la delicatezza, la profondità, la precisione, l'estrema sensibilità.
Mai un dettaglio di troppo, mai uno di meno.
Perché sollevano molte domande, perché a volte ti sbattono davanti agli occhi quello che è successo o potrebbe succedere anche a te obbligandoti a voltare la faccia e a non abbassare lo sguardo.

Arrivata a questo punto, potevo smettere?
Ho proseguito con "Quando eravamo grandi".
Altra folgorazione. Altro amore.
Alla soglia dei cinquant'anni Rebecca, vedova e caposaldo di una famiglia numerosa, all'improvviso viene colta da nostalgia per il passato e si ritrova come estranea alla sua vita attuale.
E se le cose fossero andate diversamente?
E se non avessi sposato mio marito?
Ormai libera e con figli grandi, Rebecca decide di andare in cerca di quel passato cui aveva bruscamente voltato le spalle per sposare l'affascinante Joe e lavorare con lui. Rintraccerà il vecchio fidanzato ma poi le cose andranno diversamente da come si era immaginata. Capirà che se ha fatto le scelte che ha fatto è stato perché lo ha fortemente voluto. E scoprirà anche, con suo immenso stupore, che sì, è stata felice. E lo è tuttora, in quella caotica famiglia che un po' ha ereditato e un po' si è costruita, giorno dopo giorno, un passo alla volta. 



A questo punto la mia dipendenza mi era chiara.
In realtà sono piuttosto brava ad allontanarmi da quello che mi piace e a proibirmi quello che mi fa stare bene.
E allora via a legger altro.
Fino a che non ho resistito.
Fino a "Il turista involontario".
Ci ho messo più del solito ad affezionarmi a Macon Leary, autore di guide turistiche per uomini d'affari che odiano viaggiare, forse perché è un uomo. Ma dopo averlo conosciuto meglio l'ho adorato.
Abbandonato dalla moglie dopo la tragica morte del loro unico figlio, si ricrea una vita solitaria scandita dall'abitudine e dal risparmio di energie. Finché una giovane ragazza-madre, piena di vita lo coinvolge suo malgrado nella sua vita disorganizzata e assurda, stravolgendolo. Con un finale davvero a sorpresa.
Ho concluso la mia esperienza di lettura di questa autrice notevole con "L'albero delle lattine", opera che affronta in modo inusuale il tema della morte, per di più di una bambina.
Delicato acquerello della vita, se così si può ancora chiamare, della famiglia e degli amici più stretti della piccola Janie Rose, senza retorica, né considerazioni scontate.



Arrivati a questo punto vi meritate una confessione.
Ho detto una bugia.
Una sola in tutto questo post lunghissimo.
Mi sa che non smetto più.
Raffaella
La casa vicino al treno 



giovedì 1 ottobre 2015

Ricomincio da me


In autunno comincia un nuovo anno.
Quale occasione migliore per provare a cambiare le cose?
Io, quest'anno, vorrei ricominciare da me.
Da questa settimana il mio obiettivo sarà quello di trovare del tempo, ogni giorno, per fare quello che mi piace e mi fa stare bene.
Ecco cosa ho fatto finora:
- Ho ricominciato a mettermi le creme. Mattina e sera. 
Le ho scelte naturali e bio, le ho prese sia per il viso che per il corpo, e persino lo shampoo. Sembra una cosa scontata ma pulirsi il viso ogni sera con il latte detergente e il tonico, e mettersi la crema ( antirughe, of course) e il burro di karité sulle labbra sono piccoli gesti ma che rivelano una coccola, un amore per se. E si dorme meglio.
- Mi piace fare le torte ma era da tantissimo che non mi ci mettevo. La settimana scorsa ne ho fatte quattro, tutte abbastanza semplici, però mi sono venute bene e  questo mi ha dato la spinta per continuare.
- Ho risistemato il mio cassetto della biancheria e quello delle calze, buttando via senza pietà quello che mi sembrava vecchio e prendendo qualche capo nuovo e colorato. Ho riordinato tutto per forme  e colori che neanche l'armadio di Richard Gere in "Ufficiale e Gentiluomo". Non so quanto durerà ma per ora è tutto in ordine e mi fa stare bene.



Ed ecco invece quello che mi piaceva tempo fa:
- Non mi ricordo da quanto tempo non faccio un bagno ( nel senso che faccio sempre la doccia!) Una volta mi piaceva farlo con il bagnoschiuma profumato e tante candele accese tutte attorno alla vasca. Dovrei provare ancora.
- Una volta mi piacevano i cappelli. Ogni tanto ne compro ancora qualcuno ma non li indosso quasi mai.
- Mi piace ballare, ma non mi ricordo più da quanto tempo non lo faccio.
- Mi piace disegnare e dipingere. Una volta, tempo fa, mi facevo ritagliare da mio marito figure nel compensato che poi dipingevo. Angeli da appendere, vasi, vassoi, coroncine e cornici.
Ho riempito la casa e ho partecipato a qualche mercatino.
Ricordo che mi piaceva molto e mi faceva stare bene; passare ore china su disegni country e tra colori caldi mi ha aiutata in tante situazioni, l'ultima volta ad affrontare una gravidanza difficile.
Il lavoro manuale mi permette di lasciare andare i pensieri, che vagano liberi senza appesantirmi. E in più da molta soddisfazione imparare a fare una cosa nuova e realizzare oggetti piacevoli. 
L'ho messo da parte ma ora ne sento fortemente la mancanza. 
Non so ancora quale hobby manuale sceglierò per quest'anno, ma vi assicuro che da oggi comincerò a pensarci seriamente.



Vorrei tanto imparare a ESSERE ME STESSA. 
E per farlo vorrei capire bene cosa mi piace e cosa mi fa stare bene. Sperimentando, ogni giorno un po'.

E' un lavoro costante, essere se stessi.
Soprattutto se non lo si fa da un po'.
E' un lavoro fatto cercando di non perdere mai di vista le proprie passioni, i propri valori, i propri obiettivi. Senza lasciarsi influenzare troppo - un po' si, il confronto è sempre positivo - dall'esterno ma lasciando sempre accesa una lucina dentro di se.
Ascoltarsi, stare attenti ai propri sentimenti e alle proprie sensazioni per correggere il tiro, se è il caso.
E tutto questo lavoro, perché è un lavoro, che può essere anche faticoso, perché a volte significa alzare la voce quando sarebbe più facile far finta di niente, non lasciare mai perdere, dire comunque la propria opinione, combattere contro la stanchezza, la pigrizia, la voglia di sceglier la strada più facile, tutto questo lavoro, dicevo, è importante in quanto è una premessa fondamentale alla felicità.
Non si può essere felici se non si è pienamente se stessi.
E visto che io ho deciso di essere felice e mi pongo come obiettivo di questo nuovo anno la felicità, oggi volevo fare il punto sul primo gradino di questa scalata. 
1) CAPIRE COSA MI PIACE



Ora non mi resta che andare in missione.
Poi torno e vi racconto.
Buona giornata felice, 
Raffaella
La casa vicino al treno