La piccola Bianca, per esempio. Non aveva ancora due anni ed era tutta occhioni spalancati sul mondo, voglia di scoprire ogni angolo e gambe grassottelle mai ferme.
Suo fratello invece, era già proiettato all'esterno, vacanze da organizzare, compiti da fare, feste e iscrizioni sportive a cui pensare.
Io cercavo di capire come sistemarmi nei nuovi spazi, dove poter allungare una gamba, dove tutte e due. In che modo riarredare la mia vita, dove avrei sistemato le mie passioni, dove i miei sogni ( non mi è mai piaciuto chiuderli in un cassetto, poi c'è il rischio che te ne dimentichi. Preferisco appenderli alle pareti.).
Passavo le giornate a prendere le misure di quello che mi stava a cuore e poi cercavo di fargli spazio, spostando doveri e priorità.
Di notte sognavo la mia nuova vita, cercavo di prenderci confidenza, di abituarmi a questa nuova felicità poco alla volta.
Non sono mai stata brava con la felicità.
Non ci ero abituata, non mi è mai appartenuta, è sempre stata una condizione che restava ai margini della mia vita di prima. La guardavo con curiosità e sospetto. Nessuno mi aveva mai insegnato a prendermene cura, a farla mia, a coltivarla con amore.
Ero molto più brava con i problemi, con le tragedie, i temporali.
Sono molto più a mio agio con le tempeste della vita, i deserti infiniti, le gelate e i ghiacciai. Non che non abbia paura, non che sappia che fare, ero solo abituata ad aspettarmeli, li accettavo come scenari inesorabili del mio quotidiano.
Ma torniamo a noi. A quando siamo arrivati qui, quattro anni fa, circa. Allora scrivevo così.
Uno dei piaceri connessi al trasferimento in una nuova casa consiste nell'osservare la vita del nuovo quartiere e quindi quella dei nuovi vicini. Capita, mentre si è in giardino indaffarati a rastrellare le foglie, ad esempio, di alzare la testa e vedere rientrare a casa la propria vicina con le borse della spesa oppure di aprire una finestra per chiudere le persiane e notare la luce accesa in cucina e le sagome dei vicini seduti attorno al tavolo, già pronti per la cena. Si impara a riconoscere il suono del clacson del postino, che non smette finché qualcuno non risponde, o lo sgommare del furgoncino del fornaio, che si ferma in mezzo alla strada giusto il tempo di appendere i sacchetti del pane al cancello e poi via di nuovo, con una veloce inversione, verso altre consegne.
E oltre a questi rumori, insieme a loro, e prima e dopo e dopo ancora lo sfrigolìo delle rotaie al passaggio del treno che da rumore improvviso che fa tremare il tavolo della cucina e mette in allarme diventa poco alla volta suono familiare e sottofondo delle attività quotidiane nella casa vicino al treno.
Noi siamo ripartiti da qui. E per raccontare di noi dovevo fare un passo indietro. E riandare col pensiero a quando una piccola principessa, un bambino saggio, le braccia forti che mi sostengono, cioè mio marito e io siamo arrivati un pò precipitosamente, un triste sabato di giugno in questa casa, non ancora finita, non ancora sistemata, in anticipo su tutti i nostri piani perché un destino più forte di noi aveva deciso così.
Ma nonostante lo stupore, nonostante il dolore, la confusione e le mille cose da fare eravamo felici. Senza divano, senza mobili nelle camerette dei bambini, con i vestiti negli scatoloni e il cuore piccolo piccolo, eravamo felici.
La prima notte non ho dormito. Non dormo mai la prima notte in una casa nuova. Sono stata sveglia ad ascoltare ogni rumore, ogni scricchiolio, ogni sospiro.
Ho cercato di sintonizzarmi col respiro della casa, con le sue ossa che si allungavano e i suoi muscoli che si stiracchiavano.
Ho provato a respirare assieme a lei. Prima con fatica, poi con sempre maggior sintonia. Ora son quattro anni e più che respiriamo insieme.
E' in questa cucina color avorio che ho imparato a fare i dolci, più per cocciutaggine che per altro, visto che tutti i miei precedenti tentativi erano falliti.
Chi mi conosce sa che amo i contrasti, la luce e il buio, il bianco e il nero, due cose lontanissime tra loro messe una accanto all'altra.
Quindi ora vi racconterò la mia versione della famosa Sacher Torte, quel dolce viennese buonissimo al cioccolato fondente ma in una versione più leggera.
Quindi Sacher si, ma quasi vegana, senza uova, burro e zucchero bianco; deliziosa, tanto che è diventata il mio dolce per tutte le occasioni, dal compleanno a Natale.
ingredienti:
- 400 gr di cioccolato fondente extra al 70%
- 400 ml di latte ( di soia per i vegani )
- 200 gr di farina "0"
- 100 gr di fecola di patate
- 80 gr di zucchero di canna biologico
- 2/3 di bustina di livito per dolci
- 1 pera matura
- 2 cucchiai di cacao amaro in polvere
- 2 cucchiai di olio di mais
- 2 cucchiai di acqua tiepida
- marmellata di albicocche
procedimento:
Sciogli a bagnomaria 200 gr di cioccolato insieme a 100 ml di latte. Nel frattempo mischia bene tra loro gli elementi secchi: la farina, la fecola, il lievito, lo zucchero. Poi aggiungici la pera schiacciata con una forchetta, 200 ml di latte, il cacao, l'acqua e l'olio.
Impasta tutto bene e aggiungi infine il cioccolato fuso.
Versa il composto nella teglia e cuoci in forno statico preriscaldato a 180° per 30 minuti.
Una volta raffreddata, puoi tagliare la torta a metà con un filo bianco per cucito avvolgendola col filo e tirando poi le due estremità, avendo cura di aver prima tagliato con un coltello affilato i margini per creare un solco dove appoggiare il filo. Solleva poi con delicatezza la parte superiore e spalma quella inferiore di marmellata. Ricopri e non ti preoccupare di tutte le imperfezioni che ci saranno: dopo aver fuso il cioccolato rimanente con il latte, ricoprirai tutta la torta usando una spatola di silicone e lascerai asciugare e poi raffreddare in frigo per qualche ora. Si formerà una deliziosa copertura dura di cioccolato che scrocchierà una volta rotta.
Se siete arrivati fino a qui, grazie.
Raffaella
La casa vicino al treno
Bellissima e coinvolgente come sempre!! Ti faccio una richiesta: vista la ricetta da aquolina.. Non è che me la prepari??!! Della serie : io sono golosa ma tu sei proprio brava a fare le torte! E non solo!!
RispondiEliminaNonostante l'anonimato credo di sapere chi tu sia...Ma devi lasciare il tuo nome se vuoi vederti recapitare la torta! Bacioni
EliminaCarissima certo che sono io!! E la prossima volta lascio il nome.. Promesso! Buona giornata aspettando il prossimo post!!!
RispondiEliminaciao la tua ricetta della torta mi ispira molto appena guarisco dall'influenza vado a prendere gli ingredienti e provo a farla sperem in ben ciaooooooooo
RispondiEliminaCiao, grazie! Provala che ne vale davvero la pena. Buona guarigione, un bacione
RispondiElimina................Capita, mentre si è in giardino indaffarati a rastrellare le foglie, ad esempio, di alzare la testa e vedere rientrare a casa la propria vicina con le borse della spesa oppure di aprire una finestra per chiudere le persiane e notare la luce accesa in cucina e le sagome dei vicini seduti attorno al tavolo, già pronti per la cena................
RispondiEliminaSai quanto è bello vivere in un paese dove tutti sanno di tutti ( si certe volte partono anche pettegolezzi ma fa parte del paese ) e quando esci saluti chi incontri o ti capita di essere al bar a bere un caffè e trovarti magari a parlare con qualcuno che nemmeno conosci di religioni e cercare di capire le motivazione del tuo interlocutore e cercare di far capire le tue, dove si potrebbe dire che siamo un a grande famiglia, quello che non ho trovato a vivere in città, dove era faticoso anche dirsi buongiorno, adesso sono tornato là dove come Te c'è il treno ma dove vi erano i prati dove giovavo e il progresso ha portato nuove case ma nel cuore rimangono tutti quei ricordi bellissimi della mia infanzia. Ti consigliere di andare a sentire una canzone " il Paese " dei Nomadi io in quel testo mi ci vedo e poi magari mi fai sapere
Grazie per il consiglio, lo terrò presente sicuramente.
RispondiEliminaBuona domenica