martedì 30 giugno 2015

"Il collo mi fa impazzire" di Nora Ephron


Quand'è, secondo voi, che ci si comincia a preoccupare della propria età? A preoccupare veramente, voglio dire?
Quand'è che ci raggiunge la consapevolezza che una bella fetta di torta della nostra vita, la fetta più spensierata e inconsapevole, più leggera e divertita se n'è andata per sempre?
Forse quando diventiamo genitori?
O quando i trent'anni cominciano ad allontanarsi e, guardandoci indietro, non li vediamo più così vicini?
Ma non scherziamo!
A trent'anni si è giovani, giovanissimi per i parametri italiani - dove la carriera, soprattutto in politica, arriva molto più tardi.
Io ho avuto mia figlia a trentaquattro anni e sebbene non mi sentissi giovanissima quegli anni sono volati tra pappe, che mi sputava in faccia, e notti in bianco, cercando contemporaneamente di dar retta a mio figlio che iniziava le elementari e organizzando, poi, il trasloco nella nuova casa.
Quando sono uscita dalla "trance" i quaranta si stavano paurosamente avvicinando.
Ho cercato di esorcizzarli in tutti i modi: ho cominciato a fare yoga, stretching dei meridiani e i cinque tibetani.
Ho preso lezioni di dizione e lettura teatrale.
Ho cominciato a curarmi solo in modo naturale, con l'omeopatia e lo shiatsu. Mi sono persino iscritta ad un corso di danza classica - le altre avevano tutte diciassette anni! ( Ma dovevate vedermi con i collant rosa carne!).
Ho eliminato lo zucchero bianco, il burro e la carne rossa. Aspiro persino a diventare vegana.
Ma niente da fare! I quarant'anni soon arrivati lo stesso, puntuali per di più.
E, a quel punto, cosa potevo fare?
Li ho accolti con un sorriso a denti stretti e poi ho cercato di ignorarli.
Vi posso in tutta onestà confessare che il giorno in cui si compiono non è che avvenga chissà quale decadimento fisico. Non c'è un crollo totale, insomma, né qual giorno, né quella settimana.
Direi che si tratta piuttosto di un processo degenerativo più globale, di cui forse ti accorgi solo ora.
Quel capello bianco - in realtà ti tingi allegramente da anni, ma mentre prima ti raccontavi che lo facevi per dare più luminosità al colore naturale o per provare tutte le sfumature di rosso esistenti in natura - e non, soprattutto NON - ora sei tristemente consapevole del fatto che lo fai per non sembrare Barbara Bush ( e qui mi può capire solo chi ha una certa età).
Quelle rughe attorno agli occhi, "d'espressione" certo, ma perché la tua espressione non è mai serena come quella del Dalai Lama? Saresti liscissima, in quel caso.
E la mia scoperta più recente: quel filo, diciamo filo, di cellulite sulle cosce, nonostante sia magra in tutto il resto del corpo ( anche troppo). Dicono sia colpa della ritenzione idrica: ho seri dubbi al riguardo visto che sono almeno trent'anni che mangio insipido e che non bevo quasi mai ( questo non andrebbe fatto, ma io non ho sete!). 
Che cavolo si "ritiene" allora nelle mie cosce? Aria fritta?
La verità è che così nasci e così devi morire ( nonostante ti stia ammazzando di yoga, anzi forse morirai proprio di quello).
La notizia positiva però è che, soprattutto se smettiamo di mangiare pesce, tra qualche anno non avremo più la memoria che abbiamo ora, così con ogni probabilità ci dimenticheremo di pomeriggio perché durante la mattina, guardandoci allo specchio, ci sia venuto il malumore. 
Allo stesso tempo ci calerà anche la vista e a quel punto riconoscere tutti i nostri difetti allo specchio non sarà più tanto semplice. 
Dio vede e provvede.
( Ma non per me. Sono miope e ci vedo sempre meglio ogni anno che passa, pur non mettendo quasi mai gli occhiali. Alla faccia di tutti i medici che in quarant'anni mi hanno fatto sentire in colpa se non li portavo sempre).



Tutte queste considerazioni semiserie mi sono venute in mente leggendo il libro che Nora Ephron, famosa regista e sceneggiatrice americana, ha scritto nel 2006, quando aveva sessantacinque anni. Mentre lo leggevo ho pensato che quando un'autrice , o un autore, è GRANDE, sa scegliere le parole e sa metterle in fila, per così dire, può parlare di qualsiasi cosa. Anche di argomenti apparentemente banali ma che ci riguardano tutti. Senza cadere mai nella volgarità.
Leggendolo ho pensato anche a quale grande magia sia la scrittura e che potere grandissimo abbia: quello di far idealmente dialogare me, neo-quarantenne smarrita e sgomenta con Nora, che purtroppo è scomparsa tre anni fa per una leucemia ma che sa farmi sorridere di quello che sto vivendo, lei che l'ha vissuto  prima di me e sa, oh se lo sa, quello di cui scrive. 
Grazie Nora, grazie per la tua sincerità e per il tuo coraggio.



Raffaella
La casa vicino al treno     

    

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