martedì 23 giugno 2015

"Le luci nelle case degli altri" di Chiara Gamberale


Il bellissimo titolo di questo libro mi ha fatto pensare a quelle sere d'estate in cui passeggio per il mio quartiere, con il caldo che sale dall'asfalto, e , passeggiando, mi guardo distrattamente attorno e mi cade l'occhio sulle finestre illuminate che incontro.
Mi è capitato di vedere tante cose: una famiglia che gioca a carte in garage, dove  avevano tolto l'automobile e messo la suo posto un tavolo e quattro sedie. E l'eco delle loro risate.
Una tv accesa che racconta di posti lontani attraverso le finestre spalancate. Un bambino che piange e qualcuno che lo sgrida.
Un cane che abbaia. Quattro chiacchiere in cortile, prima di rincasare.

Di questo libro mi è piaciuta soprattutto l'idea di ambientare la storia in un condominio e di avere come protagonisti gli abitanti dei suoi cinque piani. Man mano che si procede con la lettura, ci si affeziona ai diversi personaggi, ai loro mestieri, alle loro vite complicate, ai loro segreti e persino alle loro bugie, il tutto raccontato con un linguaggio semplice, che è quello di un'adolescente che racconta in prima persona quello che le accade.

Maria, affascinante trentenne amministratrice di condomini e donna carismatica, capace di entrare subito in empatia col prossimo, muore improvvisamente cadendo dal motorino.
I condomini di via Grotta Perfetta 315, che le erano molto affezionati, vengono in possesso di una sua lettera, scritta in ospedale il giorno della nascita della figlia Mandorla, sei anni prima. In questa lettera commovente e profonda  Maria allude al fatto che il padre di Mandorla sia proprio uno degli abitanti quel palazzo rosa e verde, alla periferia sud di Roma. 
In una riunione concitata e molto sentita, la prima senza Maria, le cinque famiglie lì riunite decidono, dopo molte discussioni, di non fare il test del DNA che avrebbe risolto subito il mistero della paternità di Mandorla ma che avrebbe, allo stesso tempo, distrutto per sempre una di quelle famiglie.
Stabiliscono pertanto che Tina Polidoro, signorina sessantanovenne maestra in pensione del primo piano, adotti legalmente la bambina ma che in realtà siano tutti ad occuparsene, a turno.
Mandorla abiterà due anni con ciascuna delle cinque famiglie, salendo - dopo tale periodo - di un piano e avendo la possibilità di conoscerne a fondo gli abitanti.
Noi la seguiremo in tale percorso di crescita personale e di scoperta del mondo che la circonda, tra riflessioni sulla vita, paure tremende, sconcertanti rivelazioni e segreti che rimarranno tali, fino al colpo di scena finale.

Sono tanti gli spunti di riflessione che questo libro è in grado di sollevare, primo tra tutti il ruolo che hanno i genitori nella vita di una persona, la responsabilità che attribuiamo loro anche ben oltre quello che sarebbe il loro compito, la colpa di cui spesso li investiamo dei nostri errori e delle nostre scelte sbagliate, quando invece è sempre dentro di noi che dovremmo guardare e dentro di  noi cambiare, se c'è qualcosa da cambiare.
"E' che non c'è un posto dove si possa portare a riparare l'infanzia", no, purtroppo non c'è, ce la dobbiamo tenere così come l'abbiamo vissuta e cercare di tenerci stretto tutto quello che c'è stato di buono e avere il coraggio di lasciare andare tutto quello che ci ha fatto male.
E andare avanti con la nostra vita, senza guardarci mai indietro, senza dare la colpa a nessuno, semplicemente accettando quello che è stato, perché anche il male è comunque servito a portarci dove siamo arrivati, anche se non ci sembra un granché al momento.
Vi abbraccio stretti e grazie di cuore, se siete arrivati fino a qui.
Raffaella
La casa vicino al treno
   

Nessun commento:

Posta un commento